Tutto quello che pensi di sapere sul tempo potrebbe essere sbagliato. Non c’è differenza tra passato e futuro, il tempo non scorre inarrestabile come un fiume da un punto A verso un punto B, e quello che chiamiamo “presente”, tieniti forte, è soltanto un’illusione.
Nel mondo di noi comuni mortali, infatti, il tempo è come un tiranno che scandisce i ritmi delle nostre giornate, una lepre furba e dispettosa che continuiamo a rincorrere con la lingua penzoloni. Ma per gli scienziati e per gli esperti della fisica moderna, il tempo è soltanto una variabile tra le tante, nemmeno così importante per descrivere la natura fondamentale dell’universo.
Secondo Carlo Rovelli, fisico teorico e autore del fortunatissimo libro “L’ordine del tempo”, edito da Adelphi, crediamo di conoscere il tempo così come i nostri antenati credevano di conoscere la forma del nostro pianeta. Ma le scoperte scientifiche, da Einstein in poi, non hanno fatto altro che sancire la nostra ignoranza, o perlomeno la nostra miopia, nel decifrare i dettagli più sottili della realtà.
Il tempo, secondo Rovelli, è come un fiocco di neve. Più lo teniamo tra le dita, più questo tenderà a sciogliersi perdendo uno strato dopo l’altro.
E in mano, quindi, che cosa ci rimane?
Ecco a voi il tempo che si sfalda
La prima cosuccia da sapere è che il tempo non è unico, cioè non è uguale per tutti. Anche se viviamo in un mondo troppo angusto per potercene accorgere, il tempo scorre più velocemente in montagna che in pianura. Chi sta più vicino al centro del pianeta invecchia più lentamente di chi ci abita più lontano.
La massa della Terra, in pratica, come ha scoperto il buon Einstein scardinando moltissime certezze che resistevano dai tempi di Newton, è in grado di rallentare il tempo.
Non solo: questo “bontempone” cambia anche in base alla velocità. Per chi viaggia su un treno in corsa, esso trascorre molto più lentamente rispetto a chi sta fermo ad aspettare in stazione.
Il tempo, in buona sostanza, è relativo. Ma non soltanto a livello percettivo, come quando ci annoiamo a morte e i minuti sembrano arrancare come un vecchio trabiccolo. È proprio così, e ci sono equazioni baldanzose pronte a dimostrarcelo.
La seconda cosa da sapere, di certo poco intuitiva, è che non c’è una reale distinzione tra passato e futuro.
In fisica, esiste soltanto una legge in grado di descrivere, perlomeno in apparenza, tale separazione: la prima legge della termodinamica. Questa ci dice che il calore può trasferirsi, spontaneamente, da un corpo caldo a uno freddo, e mai viceversa. Potremmo dire quindi che, dove c’è passaggio di calore, si manifesta anche il fluire del tempo. In tutti i fenomeni che avvengono, se ci pensiamo bene, c’è sempre qualcosa che si scalda.
La seconda legge sulla termodinamica, enunciata da Clausius, va ancora oltre e ci dice che l’entropia di un sistema chiuso è sempre maggiore o uguale a zero. In altri termini, l’universo sembrerebbe destinato a passare da uno stato di ordine (bassa entropia) a uno di disordine (alta entropia). La corsa inarrestabile del tempo, quindi, sembrerebbe regolata (e spiegata) da questa legge severissima che non ammette ripieghi o marce indietro. Tutto scorre verso uno stato di maggiore entropia e disordine, come le nostre camerette di quando eravamo piccoli.
Però, c’è un però. Secondo Carlo Rovelli, questo disordine è soltanto apparente, legato cioè alla nostra capacità sfocata di vedere il mondo. Se prendo un mazzo di carte già ordinato e comincio a mescolarlo, le carte si disporranno a casaccio, certo, ma soltanto perché NOI abbiamo stabilito che prima ci fosse una configurazione ordinata.
Questa peculiarità dipende da chi osserva, ma all’universo non importa granché.
Se scorgiamo una differenza significativa tra passato e futuro, se le cose ci sembrano andare in una certa direzione, è soltanto perché abbiamo gli occhiali appannati.
Se non esiste né passato, né futuro, allora dobbiamo dire ciao anche al nostro caro amico presente. Ragionare in termini di istante, di adesso, non ha senso a livello cosmico. Il nostro presente non coincide con il presente di esseri verdognoli lontani anni luce (ammesso che esistano, eh?). Il presente è più come una bolla che ci sta attorno, e vale solo ed esclusivamente per noi.
Infine, il tempo non è quella realtà uniforme, assoluta, che esiste indipendentemente dalle cose, come credeva Newton e che Newton ci ha fatto credere per anni. Dobbiamo aspettare quel cervellone di Einstein, infatti, per capire finalmente come il tempo sia una semplice variabile “relativa” e soprattutto dipendente da qualcos’altro.
La tirannia del tempo inesorabile finisce in modo brusco: per Kronos è giunto il momento di scendere dal trono.
Riformuliamo la domanda: cosa rimane, del tempo?
Ricapitolando, se il tempo non è unico e varia a seconda del luogo e della velocità, se il tempo non è orientato da nessuna parte, se non possiamo parlare di presente e nemmeno di un’entità indipendente dal resto del mondo, di che roba stiamo parlando allora?
Secondo la meccanica quantistica, il tempo non è continuo. Lo posso spezzettare in tantissimi intervalli più piccoli, ma alla fine giungerò a un’unità elementare, il cosiddetto tempo di Planck, sotto alla quale il tempo smette semplicemente di esistere. Il mondo, per riprendere un’espressione di Carlo Rovelli, è tratteggiato, granulare, fatto a puntini, come un quadro di Seurat.
L’universo, inoltre, non sarebbe costituito da cose, ma da eventi che accadono, l’uno in relazione all’altro. E questi ultimi non si dispongono in modo ordinato fino a formare una linea retta, ma si accalcano in modo imprevedibile e indeterminato. L’universo, se analizzato nei suoi minimi dettagli, altro non è che un insieme di processi e trasformazioni ininterrotte, e non qualcosa che rimane fermo, immutabile, sempre uguale a sé stesso.
Ma se il mondo è soltanto una rete di eventi, come fanno ad accadere, se non nel presente? Che il mondo sia soltanto un’illusione? Un blocco monolitico ed eterno che contiene già tutto quanto e dove nulla accade veramente?
Alla fine, si scopre che il tempo è soltanto una schiuma
Il fatto è che l’uomo non possiede la grammatica giusta e ha un’esperienza troppo limitata per poter comprendere la natura profonda del tempo. Il fatto che non ci sia una successione bella ordinata e precisa di eventi non significa che il tempo non esista o non abbia alcun senso.
Come detto, l’universo si trasforma e si evolve in continuazione, senza sosta, soltanto che non segue un ordine globale e predeterminato. Per conoscerlo, quindi, non ci serve affatto una variabile “tempo”, ma è sufficiente capire come le cose cambiano l’una rispetto all’altra.
Così, entrando nei meandri della fisica quantistica, veniamo a scoprire che lo spazio e tempo sono concetti inutili nella descrizione dei fenomeni, che il mondo non è altro che il risultato dell’interazione incessante di particelle elementari, i cosiddetti quanti.
Tali interazioni non avvengono in modo lineare, ma probabilistico, cioè le possiamo conoscere soltanto quando sono già avvenute. Alla fine, si scopre che i grani di cui è fatto l’universo si legano tra loro nello spazio a formare come delle reti, le cosiddette reti di spin. Queste reti, a loro volta, si trasformano le une nelle altre con salti discreti, in strutture che si definiscono schiume di spin.
Questi “salti” disegnano la trama di quello che ci appare, su larga scala, come spaziotempo. A una scala ridotta, però, è tutto un fluttuare furibondo di quanti microscopici che appaiono e scompaiono come le talpe in giardino.
Tutto qui. Spazio e tempo, i sovrani incontrastati della fisica tradizionale, all’interno della teoria dei loop sostenuta da Carlo Rovelli, sono mere approssimazioni di una dinamica quantistica che accetta solo eventi e relazioni.
In altre parole, per la fisica elementare, il mondo è senza tempo. Stop.
Si può tornare indietro? Il tempo si può “ricostruire”?
I fisici potranno dire quello che vogliono, ma il tempo nelle nostre vite si sente eccome. Invecchiamo invece di ringiovanire. Accumuliamo montagne di ricordi ed esperienze, ma il domani, per quanto prevedibile, rimane sempre un mistero. Le lancette dell’orologio, fino a prova contraria, continuano a ticchettare.
Ecco allora che Carlo Rovelli ci spiega, nel suo libro, come intraprendere il viaggio di ritorno. L’entropia, il grado di disordine di un sistema, è sì reale, ma solo perché fa parte della nostra prospettiva di Sapiens.
Come ci spiegano le leggi fondamentali della termodinamica, l’energia si conserva sempre, però si trasforma in calore e non può essere più riutilizzata. La storia dell’universo, ai nostri occhi, sembra quindi un lento e inesorabile passaggio da stati di bassa entropia a stati di alta entropia, nell’attesa che tutta l’energia si tramuti in calore e si raggiunga un punto di non ritorno, uno stato di equilibrio termico irreversibile.
In altre parole, l’unico tempo di cui possiamo avere esperienza è il tempo termico. Lo percepiamo, lo viviamo, lo sperimentiamo ogni santo giorno, ma soltanto come sfocatura, come inevitabile distorsione.
Eh, già. Bello tosto questo “libricino” di Rovelli: con la sua prosa elegante e appassionata, cerca di aprirci le porte di un regno astruso e forse anche un po’ bizzarro per i non addetti, sforzandosi di trasmettere in modo semplice e discorsivo concetti astratti e sicuramente pesantucci da metabolizzare.
Alla fine del piacevole viaggio, se ne esce un po’ frastornati, come appena catapultati fuori da una giostra. Con la consapevolezza di aver soltanto grattato la superficie e di non poter andare oltre.
Alla fine, il tempo ci appare come è davvero: un semplice fiocco di neve che vorremmo stringere e trattenere nella sua gelida perfezione. Per poi accorgerci che anche lui, come tutto quanto, è destinato a sfaldarsi e sciogliersi in un morbido tepore.