Se c’è una cosa che le infallibili leggi di Murphy ci hanno insegnato è questa: se continui a guardare al peggio, il peggio guarderà te e soprattutto non tarderà ad arrivare come quegli scrocconi che si imbucano alle feste.
Ma il fatto di immaginarsi gli scenari più sfavorevoli e catastrofici non è soltanto un modo per ridurre le proprie aspettative e poi rincuorarsi amabilmente quando le cose andranno per il meglio. Non è affatto un trucchetto psicologico da quattro soldi per ingannare la mente e farle credere chissà che cosa. Gli stoici facevano questo esercizio anche per prepararsi e trovare in anticipo una soluzione per ogni circostanza avversa.
In altre parole, non cercavano rassicurazioni, ma avevano bisogno di un piano. Se hai un piano, è difficile lasciarsi cogliere impreparato. Se hai un piano, non ti lasci sopraffare dal panico e dalle emozioni, perché sai già cosa devi fare.
Tornando ai giorni nostri, abbiamo visto come moltissime nazioni del pianeta non avevano un piano adeguato ad affrontare una pandemia su scala globale. Eppure, non stiamo parlando della caduta di un asteroide o dell’invasione di belligeranti esseri verdognoli. La diffusione di virus e malattie è già accaduta altre volte in passato. È uno scenario certamente raro, difficile da prevedere, ma le circostanze attuali ci hanno fatto capire purtroppo che è possibile.
Per fortuna l’uomo, quando viene il momento, si dimostra in grado di reagire e di adattarsi. Ma quello che mi chiedo è: quanti sono i piani B, e anche C e D, che ancora non abbiamo preparato? Le autorità che ci governano e dovrebbero preoccuparsi del bene comune sanno esattamente che cosa bisogna fare, per esempio, se dovesse venire a mancare l’energia elettrica, se internet non fosse in grado di sostenere il traffico futuro degli utenti, se i ghiacci del Polo Nord si dovessero ridurre in modo definitivo e irreversibile a un colabrodo?
E nel nostro piccolo, abbiamo un piano B nel cassetto “nel caso in cui…”?
Questa sciagura ci ha insegnato, tra le altre cose, che esiste un legame profondo e indissolubile tra le entità che popolano questo pianeta. Ogni volta che un equilibrio tra le parti viene stravolto, ne emergerà uno nuovo, ma non per questo meno fragile del precedente. Forse per gli antichi era diverso. C’erano meno variabili da calcolare, meno interconnessioni da dover districare. Ma noi oggi abbiamo puntato tutto su un sistema economico e sociale che, per sostenersi, deve continuare a produrre e crescere all’infinito. E non serve scomodare Zenone, Seneca e Marco Aurelio per sapere che nulla dura per sempre, e nulla può crescere per sempre.
Abbiamo un piano B anche per questo?