Sarà che non sono più propriamente giovane, ma a me stare su Facebook piace. Insomma, ci sono tante belle cose da fare a portata di click.
Vuoi mostrare una foto del tuo felino? Lo puoi fare. Vuoi sfogare la tua frustrazione per l’ennesimo ritardo del treno? Lo puoi fare. Vuoi condividere un video, un evento, una locandina, esibirti in un’impacciata e disastrosa diretta o sbattere in faccia agli altri una storiella ammiccante che si autodistruggerà dopo ventiquattro ore?
Ebbene sì, puoi fare anche tutto questo.
Presto, non si capisce bene quando, potrai perfino trovare la tua anima gemella, che cosa vuoi di più dalla vita? Il teletrasporto?
Bene, sulla carta Facebook sembra proprio un ambiente piacevole dove passare il tempo e intrattenere delle relazioni virtuali un po’ con tutti. Tranne i giovanissimi, si intende.
A oggi, sul gigante blu sono iscritti circa 29 milioni di italiani, cioè quasi la metà della popolazione del nostro Belpaese. Non malaccio, direi.
Eppure, c’è qualcosa che non va, qualcosa che non mi torna.
Innanzitutto, molte persone che prima mettevano un like a ogni mio post, perfino quello più infelice, inutile e inopportuno, di punto in bianco hanno smesso di “spolliciare”. Di contro, molte persone che avevo deciso di seguire tempo fa sono letteralmente sparite dal mio radar: di loro, Facebook non mi propone più una beata mazza di niente.
I miei post vengono seguiti e apprezzati sempre dagli stessi quattro gatti, a cui voglio tanto, tanto bene, sia chiaro.
In buona sostanza, mi sembra di capire che la creatura di Zuckerberg abbia deciso, di sua spontanea volontà, qual è la mia cerchia più stretta di contatti, estromettendo di fatto tutti gli altri.
Invece di estendere, Facebook restringe. Invece di far crescere, Facebook ridimensiona.
Questo mi può anche andare bene, ci mancherebbe, ma il vero problema, cioè la più grossa “dilusione”, arriva con le famigerate pagine Facebook. Le pagine, senza ombra di dubbio, sono comode da creare e da aggiornare per un motivo molto semplice: puoi indirizzare certi tipi di contenuti soltanto a un pubblico selezionato di utenti senza importunare per forza i tuoi amici.
Peccato che: uno, è praticamente impossibile attirare nuovi follower alla pagina, se non mandando inviti a manetta o spendendo miliardi di dobloni in campagne pubblicitarie. Due, anche riuscendo a racimolare qualche fan sfegatato, è veramente un’impresa ardua raggiungerli in seguito attraverso la regolare pubblicazione di contenuti.
Negli ultimi tempi, avrò accettato decine di inviti da parte di centri olistici, studi fotografici, osterie, massoterapisti, idraulici e fan di Cristina D’Avena, ma ci fosse mai stata una volta in cui abbia ricevuto un aggiornamento da una delle pagine in questione. Per quanto mi riguarda, ogni volta che pubblico qualcosa sulla mia, diligente come un soldatino, riesco a raggiungere, nelle migliori delle ipotesi, il 25/30% dei “mipiaciatori”.
E tutti gli altri? Che fine hanno fatto? Hanno trovato di meglio da fare che una bella scrollatina su Faccialibro? Oddio, comincio a preoccuparmi.
Se qualcuno mi dice che questa cosa qui è normale, va bene, se non fosse che ogni follower conquistato mi costa, se non soldi, perlomeno tempo e fatica. Perché, in altre parole, dovrei fare incetta di seguaci se tanto poi non li potrò più raggiungere, se non svuotando ulteriormente il portafoglio?
Insomma, mantenere una pagina Facebook è come mettersi lì ad allestire scrupolosamente la vetrina di un negozio, continuando a infarcirla di “novità” e di “offerte speciali”, pur sapendo che i vetri sono tutti appannati e quasi nessuno riuscirà a vedere all’interno.
Sì, lo so già qual è la tua obiezione: perché allora non la smetti di frignare e non traslochi una volta per tutte su un altro social?
Verissimo, ma quale? Esiste sul mercato una piattaforma alternativa, altrettanto megagalattica, che ti consenta di fare così tante cose, magari meglio? TikTok, forse?
E poi, cosa ne faccio dei miei attuali contatti? Li sento a uno a uno dicendo: ehi, qui mi sono stufato, vieni anche tu di là, eh? Cosa ne faccio dei compagni di scuola ritrovati, degli ex-colleghi, di tutte quelle persone incontrate una volta e poi mai più viste né sentite, eppure ancora lì, presenti, a portata di like?
Se sono tutti spiaggiati qui dentro, come li sposto?
Ah, ovviamente non ho citato le beghe annose con la privacy e il trattamento dei dati personali, i meme contraffatti e le notizie false, le catene e le catenelle, i bulletti e gli haters, i perditempo e i “postatori” seriali.
Insomma, non so minimamente come uscirne, sono deluso e amareggiato, come se fossi arrivato al capolinea di una relazione traboccante di promesse, ma dove, a conti fatti, ho raccolto soltanto una grande catasta di illusioni. Però una cosa mi viene in mente: chissà se Google sarebbe riuscito a fare di meglio, se solo non avessimo snobbato così impunemente quella sua pallida creatura che era Google Plus.
Chi lo sa, forse abbiamo tutti puntato sul cavallo zoppo.