La solitudine del pancreas

La solitudine del pancreas

Mi ricordo ancora di quella visita approfondita e interminabile che feci l’anno scorso dal gastroenterologo. Durante l’ecografia, mentre mi setacciava scrupolosamente l’addome come se dovesse scoprire il sesso di un nascituro, il medico si concentrò su un punto preciso e mi disse:

“Pene, ora io vetere tu pankreas. Nizzuno mai pensa che è pankreas, ma anche pankreas sofrire, za?”*

Sì, il medico aveva un vago accento teutonico e, sì, aveva detto proprio “Pene”.

Da allora non sono riuscito più a togliermi dalla testa l’idea di questa bistrattata ghiandola dalla forma assurda che si nasconde timidamente da qualche parte dietro i più blasonati stomaco e intestino. E ho scoperto anche che fa tante cose importanti per la digestione e il corretto funzionamento del nostro corpo.
Ricordiamo, in particolare, la produzione di insulina, un ormone anabolico che ha il compito di ridurre la glicemia e favorire il passaggio dello zucchero dal sangue alle cellule.

E lavori anche sodo, Monsieur Pancréas, ma soprattutto lavori di squadra, insieme a tutti gli altri organi noti e meno noti che fanno parte della nostra grande “orchestra”.

Lo so, avrei dovuto capirlo MOLTO ma MOLTO tempo prima, anche perché, da bambino, non facevo che guardarmi e riguardami fino alla nausea tutte le puntate del cartone animato “Esplorando il corpo umano” in VHS (Sei grande abbastanza per ricordarti i personaggi inquietanti che vagavano per i nostri vasi sanguigni, poliziotti tarchiati come anticorpi, zuccheri con le sembianze di deliziose caramelle incartate, signori barbuti al comando del nostro cervello? Sei grande abbastanza per ricordarti che cos’è un VHS?).
Insomma, doveva già essere tutto tremendamente CHIARO.

Eppure mi ci è voluta quella lunga e meticolosa visita dal “gastro” per rendermi DAVVERO conto di quanto sia straordinario il lavoro che fanno i nostri organi ogni giorno. Un lavoro da cui non possono mai sottrarsi. Ogni volta che decido di ingurgitare del cibo, il mio stomaco deve mettersi subito all’opera, non ci sono cazzi, e così intestino, fegato, reni e compagnia bella.

Per non parlare del cuore. Che non può fermarsi mai un istante, per nessuna ragione.
Esiste una macchina inventata dall’uomo che possa vantare una simile efficienza? Eppure facciamo di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote.
Fumiamo. Ci mettiamo all’ingrasso. Ci stressiamo inutilmente.
E’ come se un corridore impegnato in una maratona già di per sé interminabile e massacrante venisse preso a sgambetti e bastonate mentre cerca di arrivare faticosamente al traguardo (un traguardo che, come tutti ci auspichiamo, dovrebbe essere il più lontano possibile).

E’ curioso pensare a quanto l’uomo sia attaccato a oggetti e proprietà materiali, ma non altrettanto nei confronti dei propri organi. Sono nostri e nostri soltanto. E peggio ancora, insostituibili. Una volta andati, basta, non c’è ricambio.

Eppure continuiamo a maltrattarli, inconsapevolmente o meno, e accampiamo una scusa dietro l’altra per metterci a posto la coscienza.

Ma sì, dopotutto fumo soltanto tre sigarette al giorno.

Ma sì, domani mangerò soltanto insalata.

Ma sì, si vive una volta soltanto, che vita triste se no.

Soltanto, soltanto, soltanto.

La pensavo anche io così, prima di scoprire la “solitudine” del pancreas.

Ma da quel giorno presi un grande impegno con me stesso.
Fare tutto quanto fosse in mio potere per stare in salute e aiutare (e non contrastare) il lavoro incessante e invisibile dei miei prodi operai.
Star bene non è affatto una cosa semplice come potrebbe sembrare e non ci sono garanzie di successo, perché molti fattori sfuggono al nostro controllo (se l’aria è inquinata, se la vita è stressante, se il latte di soia costa il quadruplo del latte e oltretutto è imbevibile), ma questo non significa che bisogna arrendersi e non fare la propria parte.

Certo. Molti non capiranno. Molti mi appiccicheranno sulla fronte l’etichetta di Vegano (anche se non lo sono) e peggio ancora di Salutista, come se prendersi cura di una delle cose più preziose che abbiamo fosse un crimine e non un’azione da invidiare e incoraggiare.

Ma io ho preso una decisione e non torno indietro.

Il mio Pankreas non verrà lasciato più solo.

* Devo confessare che la trascrizione di tali parole non è propriamente “fedele al 100%”, ecco. E il pancreas si può vedere davvero con una semplice ecografia addominale? Vedo di procurarmi del fosforo.

Scritto da
Gianluca Riboni
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Gianluca Riboni

Pensatore e capo tribù NAZAV, personal trainer non convenzionale, ambasciatore dello yoga e della risata, scrittore e blogger incompreso. Scrivo quello che mi passa la testa, nella speranza di lasciare un segno su questo pianeta. Sempre in Arial 11.

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